Calendario Attività Parrocchiali

giovedì 22 dicembre 2016

Da Giovanni ad Aylan

Domenica 18 dicembre durante la messa delle 10:30 nella chiesa parrocchiale di Arzerello, è stato ricordato un compaesano morto durante la prima guerra mondiale e sono state presentate alcune riflessioni su quella guerra e le guerre che l'hanno seguita. 


Esattamente il 20 dicembre di 100 anni fa moriva dilaniato da una bomba, un ragazzo di Arzerello che avrebbe compiuto 20 anni dopo una settimana.
Si, sto parlando del 1916, prima guerra mondiale; è stato prelevato a 18 anni da via Marte e spedito in montagna a combattere: un ragazzotto che forse in vita sua il posto più lontano dove era andato era la piazza di Piove, viene sbattuto a centinaia di chilometri, in montagna a 2700 metri, in mezzo alla neve, in mezzo a gente analfabeta che neppure parlava la stessa lingua perché l‘italiano è diventata effettivamente lingua nazionale molti anni dopo.
Lui almeno è morto in una azione di guerra, dilaniato da una bomba, ma là i soldati, gli eroi della prima guerra mondiale, morivano principalmente di stenti, di freddo e di malattia e anche finendo la loro esistenza, impazziti, nei manicomi.

Mi sono chiesto se ricordare morti in periodo natalizio e davanti a tanti ragazzi potesse essere opportuno: senz’altro reminescenze di questo tipo non fanno parte del nostro Natale così edulcorato, così liquido, che cola eccessi da ogni parte: eccessi di sfarzo, eccessi di sprechi, eccessi di luci e rumori e, grazie ai mezzi tecnologici, anche eccessi di auguri perché con un tocco in un secondo si inondano di auguri conoscenti e meno; così, nella moltiplicazione dei contatti gli auguri si annacquano e perdono di significato.
Ma il nostro Natale è anche motivo di stress: stress per i regali, stress per i banchetti, stress anche per la scelta delle ferie, stress per lo stress.
Ricordare gli ultimi fa parte invece del Natale di quanti stanno soffrendo, di quanti non trovano alloggio perché non c’è posto per loro, di quanti che, silenziosamente, stanno facendo, loro malgrado, la nostra storia.

Ma ritornando al nostro ragazzo morto in guerra, voglio accontentare la vostra curiosità di sapere chi era: era il fratello di mio nonno, lo zio del mio papà; si chiamava come me: Giovanni Bertani.
Il suo nome si trova scritto, tra tutti i morti in guerra di Arzerello, nel monumento in "tomba" (area tra il patronato e la chiesa); ma ormai i nomi sono nascosti dagli alberi cresciuti; forse perché certe cose è meglio dimenticarle.
La domanda che viene spontanea è: “ma ti interessa tanto di questo personaggio sconosciuto?”
Così mi è venuta in mente una citazione di John Donne:
“La morte di ogni uomo mi diminuisce, porta via un po’ di me, perché faccio parte dell’umanità. Per questo, non mandare a chiedere per chi suona la campana (quando senti la campana da morto), la campana suona per te.
Così mi sono appassionato alla storia di Giovanni e, man mano che apprendevo sue notizie, mi si materializzava sempre più nitidamente e lo sentivo sempre più vicino.
E oggi lo presento a voi, esempio di uno dei tanti, troppi, morti che hanno colpito anche la nostra frazione di Arzerello.

Se venisse un marziano, che non conosce la storia delle vicissitudini della nostra terra, e gli facessimo vedere cosà ha comportato per gli umani la prima guerra mondiale, probabilmente penserebbe che dopo, vista la lezione, di guerre non ce ne sarebbero state più; invece ne nascono sempre di nuove, continuamene.
Ha impressionato anche me, esaminando la raccolta di immagini e di dati che Sandro ha fatto con minuzia e precisione, rendermi conto in quante parti del mondo si sta combattendo, si sta soffrendo per guerre, anche non convenzionali, ma sempre più disumane.
Nella ricerca di una etica di guerra, se così si piò chiamare qualcosa che riguarda la guerra, le nazioni si sono date anche dei principi da rispettare; son principi che però si pretende gli altri rispettino: leggi Guantanamo, leggi tutti i lager, i prigionieri decapitati e bruciati ma anche violazioni di accordi di “cessate il fuco” in modo da permettere ai civili di ripararsi o trovare da mangiare.
Nella montagna di dati mi ha colpito soprattutto notare che il rapporto tra civili e militari vittime di combattimento si sposta sempre di più verso il coinvolgimento di civili: nella prima guerra le vittime militari erano ben di più di quelle civili; attualmente le guerre colpiscono per una grande maggioranza i civili.

Sandro ha riassunto, nelle immagini che vediamo ora, questo rapporto volutamente disumano.

Ecco i link per guardare o scaricare i filmati: