Domenica 18 dicembre durante la messa delle 10:30 nella chiesa parrocchiale di Arzerello, è stato ricordato un compaesano morto durante la prima guerra mondiale e sono state presentate alcune riflessioni su quella guerra e le guerre che l'hanno seguita.
Esattamente
il 20 dicembre di 100 anni fa moriva dilaniato da una bomba, un
ragazzo di Arzerello che avrebbe compiuto 20 anni dopo una settimana.
Si,
sto parlando del 1916, prima guerra mondiale; è stato prelevato a 18
anni da via Marte e spedito in montagna a combattere: un ragazzotto
che forse in vita sua il posto più lontano dove era andato era la
piazza di Piove, viene sbattuto a centinaia di chilometri, in
montagna a 2700 metri, in mezzo alla neve, in mezzo a gente
analfabeta che neppure parlava la stessa lingua perché l‘italiano
è diventata effettivamente lingua nazionale molti anni dopo.
Lui
almeno è morto in una azione di guerra, dilaniato da una bomba, ma
là i soldati, gli eroi della prima guerra mondiale, morivano
principalmente di stenti, di freddo e di malattia e anche finendo la
loro esistenza, impazziti, nei manicomi.
Mi
sono chiesto se ricordare morti in periodo natalizio e davanti a
tanti ragazzi potesse essere opportuno: senz’altro reminescenze di
questo tipo non fanno parte del nostro Natale così edulcorato, così
liquido, che cola eccessi da ogni parte: eccessi di sfarzo, eccessi
di sprechi, eccessi di luci e rumori e, grazie ai mezzi tecnologici,
anche eccessi di auguri perché con un tocco in un secondo si
inondano di auguri conoscenti e meno; così, nella moltiplicazione
dei contatti gli auguri si annacquano e perdono di significato.
Ma
il nostro Natale è anche motivo di stress: stress per i regali,
stress per i banchetti, stress anche per la scelta delle ferie,
stress per lo stress.
Ricordare
gli ultimi fa parte invece del Natale di quanti stanno soffrendo, di
quanti non trovano alloggio perché non c’è posto per loro, di
quanti che, silenziosamente, stanno facendo, loro malgrado, la
nostra storia.
Ma
ritornando al nostro ragazzo morto in guerra, voglio accontentare la
vostra curiosità di sapere chi era: era il fratello di mio nonno, lo
zio del mio papà; si chiamava come me: Giovanni Bertani.
Il
suo nome si trova scritto, tra tutti i morti in guerra di Arzerello,
nel monumento in "tomba" (area tra il patronato e la chiesa); ma ormai i nomi sono nascosti dagli alberi
cresciuti; forse perché certe cose è meglio dimenticarle.
La
domanda che viene spontanea è: “ma ti interessa tanto di questo
personaggio sconosciuto?”
Così
mi è venuta in mente una citazione di John Donne:
“La morte di ogni uomo mi
diminuisce, porta via un po’ di me, perché faccio parte
dell’umanità. Per questo, non mandare a chiedere per chi suona la
campana (quando senti la campana da morto), la campana suona per te.
Così
mi sono appassionato alla storia di Giovanni e, man mano che
apprendevo sue notizie, mi si materializzava sempre più nitidamente
e lo sentivo sempre più vicino.
E
oggi lo presento a voi, esempio di uno dei tanti, troppi, morti che
hanno colpito anche la nostra frazione di Arzerello.
Se
venisse un marziano, che non conosce la storia delle vicissitudini
della nostra terra, e gli facessimo vedere cosà ha comportato per
gli umani la prima guerra mondiale, probabilmente penserebbe che
dopo, vista la lezione, di guerre non ce ne sarebbero state più;
invece ne nascono sempre di nuove, continuamene.
Ha
impressionato anche me, esaminando la raccolta di immagini e di dati
che Sandro ha fatto con minuzia e precisione, rendermi conto in
quante parti del mondo si sta combattendo, si sta soffrendo per
guerre, anche non convenzionali, ma sempre più disumane.
Nella
ricerca di una etica di guerra, se così si piò chiamare qualcosa
che riguarda la guerra, le nazioni si sono date anche dei principi da
rispettare; son principi che però si pretende gli altri rispettino:
leggi Guantanamo, leggi tutti i lager, i prigionieri decapitati e
bruciati ma anche violazioni di accordi di “cessate il fuco” in
modo da permettere ai civili di ripararsi o trovare da mangiare.
Nella
montagna di dati mi ha colpito soprattutto notare che il rapporto tra
civili e militari vittime di combattimento si sposta sempre di più
verso il coinvolgimento di civili: nella prima guerra le vittime
militari erano ben di più di quelle civili; attualmente le guerre
colpiscono per una grande maggioranza i civili.
Sandro
ha riassunto, nelle immagini che vediamo ora, questo rapporto
volutamente disumano.
Ecco i link per guardare o scaricare i filmati:
Da Giovanni ad Aylan
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